Verso un futuro fatto di energia rinnovabile e produzioni distribuite: un impegno per il contenimento della variazione climatica
Nel 2018 le fonti rinnovabili hanno contribuito per il 30% al fabbisogno energetico nazionale italiano.Questo vuol dire che il rimanente 70% di energia è stata prodotta da fonti di origine fossile (la maggior parte) e grazie alle importazioni (molto probabilmente di energia nucleare). La strada verso gli obiettivi al 2030 (-40%) e al 2050 (-95%) appare in salita, ma ci sono almeno due motivi per ben sperare.
Il primo è dato dal fatto che il prezzo dei certificati di emissione di CO2 è quadruplicato negli ultimi mesi passando da poco più di 5€ a oltre 20€. Questo rende più costoso produrre energia da fonti fossili, specialmente il carbone. Le previsioni sono di ulteriori aumenti nei prossimi anni con prezzi della CO2 che potrebbero superare i 30€ già quest’anno. Alcuni analisti prevedono un prezzo intorno ai 50€ al 2030.
Il secondo scaturisce dal progresso tecnologico che sta impattando in molti settori cosiddetti rinnovabili. Nello specifico l’efficienza dei pannelli solari è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni tanto che ad oggi è praticamente competitiva anche senza il supporto dei contributi statali. Le batterie al litio stanno rivoluzionando il settore dei trasporti e forse saranno utilizzate anche per altri scopi. Molte società nergetiche stanno già producendo Biogas e Biofuel grazie al riciclo di biomasse.
Alcuni Paesi ricchi di acqua e quindi di impianti idroelettrici come quelli scandinavi, altri ricchi di vento e quindi con molti impianti eolici tipo la Scozia e il Portogallo in alcuni periodi dell’anno producono più energia pulita di quanta ne consumino e quindi riescono anche ad esportarla.
Andiamo verso un futuro dove l’energia non sarà prodotta più in maniera rigida e centralizzata ma lo sarà in maniera flessibile e distribuita. Sarebbe bello vivere in un continente libero da impianti nucleari, a carbone, a lignite e a gas dove al nord verrebbe prodotta energia idroelettrica, al sud energia solare e nelle zone ricche di vento (offshore soprattutto) energia eolica. I bacini idrici farebbero da riserva marginale.
Le varie reti nazionali dovrebbero essere più integrate di come sono adesso, ma questo non costituirebbe un grande problema economico o tecnico, bensì politico.
Forse siamo ancora in tempo per contenere l’aumento della temperatura a 1.5-2 gradi al 2100. O forse no. Di sicuro abbiamo l’obbligo di provarci. Tutti insieme potremmo anche riuscirci.
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