Chiedersi “come mai” prima di arrivare al “facciamo così”: il compito per i nuovi profili anche nel mondo energia
“Cosa farai dopo le scuole superiori?”
“Vorrei iscrivermi a Lettere”
“Lettere?!?!? Sarai disoccupata a vita! È una laurea inutile!”
Troppe volte ho sentito conversazioni simili. Nessuna Laurea è inutile. La conoscenza non è mai stata inservibile. Mai come ora.
“Mi hai mandato il CV di un antropologo, è uno scherzo?” mi sono sentita dire non molto tempo fa da un mio cliente interno con il quale stavo selezionando un PM ICT.
Di tutto quello splendido CV pieno di esperienze e competenze il mio collega aveva solo provato quasi disgusto a vedere quel tipo di Laurea (a pieni voti e in poco tempo).
Personalmente non sbarro gli occhi quando vedo AD laureati in filosofia, i miei candidati preferiti sono quelli che sulla carta hanno percorsi ibridi dove c’è stata una componente umanistica (gli ingegneri che vengono dal liceo classico per esempio). Difficile ancora passare questo messaggio ad alcune linee di business (ma non tutte).
Ho molto lavoro da fare in questo senso. Il mondo dell’energia ha sempre più bisogno di “humanities” per essere competitivo. Non siamo più aziende “del ferro”.
Anche io sono un’umanista. Forse meno di quello che avrei davvero voluto. Quante volte abbiamo sentito dire che, nell’era digitale, il know how tecnico era fondamentale per trovare un lavoro? Oggi pare non funzioni più così, il trend di ricerca di filosofi e classicisti parte dalla Silicon Valley e sta arrivando anche da noi.
È arrivato il momento della riscossa per chi ha studiato Socrate? In Italia i Dottori in Lettere e Filosofia sono circa il 30% dei laureati totali.
Si cercano professionisti con nozioni di informatica, capaci di analizzare le parole e le reazioni (emoji incluse ovviamente) degli utenti sul web importanti per il marketing (come il conteggio dei click); si ricerca una nuova generazione di umanisti che possa interpretare la cospicua massa di dati che produciamo e stiamo ormai imparando a studiare ed utilizzare.
I big data vanno spiegati. Ed ecco che su Linkedin appaiono annunci per Digital Solution Storyteller o Data Storyteller: ruoli con cross competencies (buone competenze di scrittura, ma anche conoscenze di tipo tecnico-informatico) capaci di utilizzare un linguaggio specifico nella descrizione dei materiali commerciali e di progetto e di analizzare i numeri e “raccontarli bene”.
L’arte del narrare, ovvero raccontare e riempire di contenuto le azioni è diventata fondamentale. Non solo. Oggi abbiamo, a volte inconsapevolmente, a nostro servizio potenti algoritmi di intelligenza artificiale. Che limiti hanno e, soprattutto, che limiti vogliamo imporgli? Le risposte sono di competenza di filosofi, magari riuniti in un Comitato Etico per governare il processo.
Gli umanisti si interrogano e spingono a farsi domande (spesso fastidiose). Bisogna in effetti interrogarsi sul proprio ruolo nel mercato e non solo. Chiedersi “come mai” prima di arrivare al “facciamo così” per affrontare al meglio la complessità di uno scenario ipercompetitivo.
Il mercato impiegherà sempre più persone in grado di costruire ponti tra mondi in apparenza inconciliabili, pratici, bravi a intuire il valore aggiunto dell’azienda e a raccontarlo, letteralmente.
Forse dunque studiare Nietzsche ed Erodoto ha ancora un senso. Forse l’empatia e il pensiero creativo ci salveranno.
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